Kushiel's Forum

Un'altra forma di presentazione

« Older   Newer »
  Share  
Thyenne
view post Posted on 22/11/2011, 15:16




Il motivo che prima di tutto mi porta, superata la soglia dei cinquanta anni, a scrivere della mia vita è che mi rendo conto di essere stato testimone privilegiato, per quanto non protagonista, di questi ultimi decenni del nostro Regno. Decenni che hanno visto tradimenti, guerre ed invasioni, bassezze e limpide gesta che saranno ricordate nei secoli a venire.
Nelle mie stesse origini vi è il seme del mio essere privilegiato osservatore di questi anni: nel mio sangue si incrociato numerose nobili schiatte Angeline e per questo è da queste che inizio presentandomi; suppongo che potrà essere utile nel dipanarsi del racconto della mia vita per trovarvi semplici riferimenti.
Avevo iniziato a scrivere senza questo preambolo, ma rileggendo alcune bozze, mi resi conto che sarebbe stato utile inquadrare questi legami di sangue per rendere più comprensibili alcuni fatti che poi narrerò.

- - -

Mi potrei chiamare Charoles nò Rinforte Shahrizai de Thyenne-de Bonnel, Barone de Duzey... ma è più giusto, ormai, presentarmi come Charoles Shahrizai de Duzey; i miei nomi raccontano già una storia.

Mio padre è Mon. Francoise de Thyenne, quinto figlio del Conte Brun de Thyenne e di M.me Violette Shahrizai. La famiglia de Thyenne è un'antica stirpe camaeline che ha dato al nostro regno guerrieri, comandanti e, per altro, fratelli cassiliani da generazioni.
Il fratello minore di mio nonno Lord Brunn, Antoine, divenne appunto un cassiliano, e come lui il secondo figlio maschio: mio zio Luc. Gli altri figli, miei zii, sono stati Sylvie – andata in sposa a Richard de Cherevin, Martin che avrebbe dovuto ereditare titolo e terre, ma morì nella battaglia dei Tre Principi. Curiosamente quindi è diventato – ormai circa 35 anni fa – Conte de Thyenne il terzo figlio di mio nonno: mio zio Lord Claude, in quanto il secondo maschio, Luc era già stato consacrato al servizio di Cassiel.
A voler aggiungere dettagli, la mia famiglia non ha pagato solo con il sangue di mio zio Martin, ma anche con quello di mio zio, acquisito, Richard de Cherevin: non morì ma rimase gravemente ferito perdendo una mano ed una gamba... e se posso aggiungere, mai riprendendosi da queste menomazioni.

Tornando a me, io stesso avrei dovuto diventare un confratello cassiliano.
Per quanto fossi l'unico figlio maschio di mio padre, mi trovai ad essere il secondo ed ultimo maschio della mia generazione nel casato: zia Sylvie è entrata nel casato del marito Richard; zio Martin, come ho detto morì relativamente giovane, non sposato e senza eredi; zio Luc, tuttora vivo è ovviamente senza eredi essendo un cassiliano; e mio zio Lord Claude ha avuto 4 figli, ma solo un maschio, Favrien che quindi erediterà titolo e terre.
Non senza qualche opposizione da parte dei miei nonni materni, fui destinato a occupare il posto di famiglia nella confraternita e come tradizione ad essa fui inviato al compimento dei 10 anni.
Come forse si può intuire tra queste prime righe, non sono rimasto un confratello molto a lungo. A dirla tutta non completai neppure i 10 anni di addestramento: scappai poco dopo l'inizio del nono... Lord Rinforte a capo dell'ordine già allora, mi scomunicò e persi, con nessun rimpianto, il nò Rinforte dal mio nome.

“Per fortuna” mio nonno Lord Brun, il patriarca era già mancato: se così non fosse stato, probabilmente mi avrebbe fatto ricercare e condannare a morte – o quasi.
Non potei certo ripresentarmi a casa dai miei genitori, ma almeno non fui oggetto di una caccia all'uomo.
Mia “salvezza” fu principalmente mia nonna materna, Lady Fernande Shahrizai, e suo marito mio nonno, Lord Armand nò Briony de Bonnel.
Hanno avuto solo una figlia, mia madre, Lady Patricia de Bonnel ed io di conseguenza ero l'unico loro discendente maschio (ho anche una sorella, Zuzanne, sposata al Barone Richard d'Albert del Siovale).
Dopo la fuga e un momento di solitudine e peregrinazioni, chiesi ed ottenni udienza presso mia nonna Fernande la quale mi diede asilo – ero sempre stato il suo prediletto.
Di li a poco (sono ormai passati oltre trentanni) presi il suo cognome e fui introdotto nel “clan”, con il quale ero, come dicevo, doppiamente imparentato
Presi servizio come uomo d'arme; in questo sicuramente 9 anni di addestramento come cassiliano diedero qualche motivo in più per accettarmi.

Già questi accenni specificano una serie di legami familiari che attraversano tutto il regno, ed in particolare il Kusheth. Questi in effetti sono più estesi e complessi.
Prima di aggiungere altri particolari mi viene da sorridere ripensando al Principe Saverio Stregazza, quando venne in visita a Città di Elua: ero presente anche io quella Notte Più Lunga (chi potrebbe dimenticarla, quando la Contessa de Montreve si presentò mostrando la propria marque nella sua interezza con tutte le implicazioni del caso). Ricordo che si lamentava di essere parente di praticamente qualsiasi nobile d'Angeline presente: non è poi così raro come dimostro io stesso; ed aggiungo: discendendo lui dal fratello di Re Ganelon de La Courcel (no, non ne citerò il nome) e quindi dalla famiglia Reale, gli intrecci erano e sono ancor più fitti.

Riprendendo questa trattazione, il marito di mia zia Sylvie, Richard de Cherevin era il fratello minore del Visconte Tibault de Cherevin padre di quel de Cherevin che seguì la Regina Ysandre nel Progressus e rimase a governare la Piccola Corte a La Serenissima dopo lo sventato attentato.
O anche... mio nonno Armand, creatore della ricchezza dei miei genitori: nacque da una relazione tra Dantes de Bonnel e Lucille nò Valeriana; per chi non si ricorda i duchi de Bonnel, il fratello maggiore di Dantes poco più di un secolo fa sposò Iriel de Fiscarde, l'ultima anguisette prima della Contessa de Montreve. Nacque un bambino all'insaputa del padre e fu affidato dalla madre ancora piccolissimo a Casa Brionia.
Crebbe diventandone un capace adepto, riscattando la Marque. Conobbe Fernande Shahrizai e si sposarono. In seguito mio nonno conobbe le proprie origini e fu accolto nel casato d'origine diventando noto come Armand nò Brionia de Bonnel.

Questa è solo una parte della storia: l'abilità mercantile di lui con la ricchezza familiare di lei, creò il patrimonio con il quale, tra le varie attività, riscattò le terre ed i debiti dei baroni de Maignard acquisendo prima i beni, ed in seguito venendo investito del titolo baroniale associato a quelle terre da suo cugino il duca de Bonnel.
Titoli e beni poi ereditati dalla loro unica figlia: Patricia, mia madre.
È un altro caso molto curioso in effetti che mio nonno Armand abbia acquisito titoli e terre dei de Maignard dopo il loro fallimento: sua moglie, Fernande Shahrizai era la sorella minore di Felix Shahrizai; lui probabilmente ormai poco noto; suo figlio – nipote di mia nonna – Casimar decisamente più famoso, ad esempio per aver rovinato proprio i de Maignard per una questione di orgoglio e vendetta ma, sospetto, specialmente per essere il padre della sin troppo famosa Melisande... che finisce quindi per essere mia cugina di terzo grado... e rendendomi cugino di quarto grado con S.A. il Principe Imriel de La Courcel.
Si usa dire che uno Shahrizai possa dare tranquillamente del cugino ad un altro Shahrizai avendo la quasi certezza di non sbagliare. Posso confermarlo.

All'inizio di questa, posso ammettere noiosa, ma come detto penso utile, trattazione familiare ho accennato anche all'altra mia nonna: Violette che sposò Brun de Thyenne.
Anche lei appunto una Shahrizai, ma di un altro ramo: suo fratello maggiore era il padre del fù Duca Faragon, mentre sua sorella Elize sposò il prozio del Duca Quincel de Morhban... era parte di una serie di accordi tra gli Shahrizai e i de Morhban per chiudere alcuni conti aperti. Come tutti sanno gli Shahrizai sono la più antica (e si dice pura) stirpe del Kusheth ma il duca ivi regnante è da oltre un secolo un de Morhban. Le due cose non hanno favorito, per molto tempo, rapporti amichevoli tra le due dinastie; in parte appianati dopo quel matrimonio appunto.

Può sembrare questo, ad oggi, un fatto secondario nella storia della mia vita, ma non è così: se sono barone di Duzey lo devo probabilmente anche a questa indiretta mia parentela con i de Morhban.
Al tempo della battaglia di Troyes-Le-Mont (dove per altro persi l'occhio sinistro e guadagnai la cicatrice che mi attraversa il lato sinistro del viso) fui l'unico Shahrizai a partecipare ad i combattimenti (a dire il vero ero nell'esercito reale sin dall'inizio della campagna)... e l'unico parente del Duca.
Il Duca Quincel, come molti sanno, non si schierò chiaramente sino a dopo la battaglia e gli Shahrizai avevano Melisande artefice della quasi invasione del regno a loro carico.
I secondi dimostrarono la propria fedeltà consegnandola a Quincel medesimo, il quale fece la sua parte conducendola, rinnovando la propria fedeltà alla Corona, al cospetto della Regina Ysandre.
La piccola baronia di Duzey credo che sia famosa solo per la presenza all'interno dei suoi confini di Mont-de-Kushiel, isola o penisola a seconda delle maree famosa per l'antico (e a mio parere splendido) tempio dedicato a Kushiel che ne occupa la vetta.
In ogni caso (e tornerò a parlare delle mie terre in seguito) non so di preciso ma circa un paio di secoli fa, era entrata a far parte dei titoli ereditari dei de Morhban: fu Quincel (supportato anche dal Duca Faragon) a nominarmi barone e a chiedere la riconferma della mia investitura alla Regina visti anche il mio comportamento sul campo e le ferite che avevo riportato: un modo per indicare che il Kusheth era stato sempre vicino e fedele alla Corona.
La Regina diede il suo benestare ed è da allora che divenni Barone de Duzey.

Un'altra figura su cui sicuramente tornerò e qui, solo brevemente accenno è il Duca Barquel de L'Envers. No, non siamo parenti, o almeno non più di quanto possano esserlo due qualsiasi nobili del regno. Ma sono stato al suo fianco in molteplici occasioni, e lui è stato parte integrante della mia formazione sia militare sia personale dopo che lasciai la confraternita cassiliana.

Qualcuno lo ha dipinto malamente, ed ora alcuni pensano che si sia indebolito di recente, dopo la rischiata guerra civile di due anni fa: la sua durissima opposizione al matrimonio tra S.A.R. la Principessa Sidonie e il S.A. il Principe Imriel ha ceduto il posto a sincero rispetto dopo che quest'ultimo ha salvato la sua bis-nipote (e tutto il regno) dagli incantesimi di Cartagine.
Non è vero che per lui sia una novità opporsi duramente a qualcuno per poi avere l'onestà e la serietà di ricredersi.
Non dico che il tempo non sia passato: passa per tutti, ed anche per lui.
Ma lui è sempre stato molto sospettoso e rapido nel giudicare negativamente chi ha anche solo lontanamente sospettato di essere un nemico: successe con Anafiel Delaunay e poi con la Contessa de Montreve. E' successo di recente con il Principe Imriel – che mi pare abbia dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio la giustezza dei suoi sentimenti e del suo agire... e successe anche con me: mi offrii volontario e lo seguii in Khebbel-im Akkad diventando uno dei suoi aiutanti e prendendo come lui molti gusti e tecniche di combattimenti dagli akkadiani... e fui malamente cacciato dal suo entourage appena lui venne a sapere del tradimento di Melisande. Come cugino fui giudicato una serpe in seno e allontanato in malo modo.
Non è un caso che abbia combattuto gli Skaldi inquadrato nell'Esercito Reale, come dicevo, e non nel suo reparto di arcieri a cavallo (per quanto, non senza immodestia, potrei dire che fossi il migliore).
Ma dopo questo, riconobbe di aver sbagliato e rientrai nel suo seguito quando assunse il comando dell'Esercito Reale. Ma di questi fatti, penso che parlerò diffusamente in seguito.


-----------------------------------------

Verosimile? Scorre passabilmente?
Saluti.

Edited by Thyenne - 22/11/2011, 15:35
 
Top
lord_mavros
view post Posted on 29/11/2011, 22:47




Benvenuto! Dunque siamo parenti!
Autobiografia molto verosimile, non ho potuto ancora leggere la fine perché voglio aspettare di finire Kushiel's Mercy. Però vogliamo l'albero genealogico, altrimenti si rischia di perdersi! :)
Spero che presto vorrai raccontarci anche il seguito, perché hai lasciato la Confraternita Cassiliana e la tua vita... "da Sharizai":whip:


 
Top
Thyenne
view post Posted on 30/11/2011, 14:32




- - -

Prima di parlare della mia esperienza nella Confraternita Cassiliana, penso sia opportuno ripensare un po' ai primi anni della mia vita dei quali abbia ricordo.
Mi furono insegnate molte cose: la capacità di apprendimento da bambini è incredibile. Tutto è nuovo e tutto si memorizza scolpito come nella pietra; quanto imparai lo devo principalmente a mio padre e mia madre ognuno per i propri talenti.

Mio padre, più giovane figlio di una schiatta di combattenti, fu sicuramente, tra i fratelli, il più vezzeggiato ed in considerazione anche del suo fisico non particolarmente massiccio, snello come il mio, gli fu permesso un addestramento marziale più consono alle sue caratteristiche: agilità e riflessi. Mentre i fratelli Martin, e Claude ricevettero dal padre Brun un addestramento da cavalieri e per il combattimento appiedato con spada e scudo, mio padre, per quanto non sia mai stato un gramo spadaccino, fu lasciato più libero, dedicandosi principalmente al tiro con l'arco ed effettivamente raggiungendo una notevole bravura.
Coccolato più dei primi, ebbe modo di ricevere un'educazione più approfondita, umanistica e storica frequentando per alcuni anni l'università di Tiberium e, rientrato in patria, affinare le proprie competenze marziali – sempre richieste in famiglia – più verso tecnica e logistica (mi ha sempre ripetuto che si diceva un tempo che “un esercito marcia sulla propria pancia”... e raramente frase si dimostra sempre più vera).
Quando io cominciai a crescere, dovevo avere 5 o 6 anni, non mi fu messa in mano una spada di legno, ma un arco: imparai presto ed è un talento che diventò fondamentale nella mia vita successiva.

Mia madre aveva studiato a sua volta a Tiberium (per altro è durante il periodo universitario che i miei genitori si erano conosciuti), dedicandosi principalmente alle lettere, e l'unione con mio padre creò intorno a me un ambiente culturalmente vivace, contrariamente alla media dei casati camaeline (non me ne vogliano molti, ma casati nobiliari a parte nel Siovale, dove si parlasse e si leggesse normalmente in Caerdicci, Aragoniano ed Elleno ne conosco proprio pochi...).
Oltre che alla lettura ed al tiro con l'arco – e tanti giochi attinenti spesso ideati dal mio stesso padre – la mia infanzia fu dedicata all'equitazione... probabilmente l'unica attività che fu sempre approvata dal nonno-Patriarca.
Proprio per la differente educazione, mi rendo conto a posteriori, fui molto solo con pochi amici e poche frequentazioni tra coetanei, anche tra i parenti ed i cugini: per il ramo (o meglio “i rami”) Shahrizai, ero decisamente poco vicino alla loro educazione cortese – che come si sa, inizia molto presto. Per i cugini, da un parte o ero troppo piccolo (essendo mio padre l'ultimo nato, i suoi nipoti avevano di solito una decina d'anni almeno più di me) o comunque in parte alieno per educazione umanistica per la quale la famiglia non aveva mai particolarmente brillato.

Presi la via della Confraternita un po' di mesi in ritardo, dopo il mio decimo compleanno. Ero stato sempre un figlio obbediente e disciplinato; forse pensarono che mi sarei comunque trovato bene.
Forse nessuno alla fine si pose il problema se fosse o meno il caso; tanto meno mio nonno Brun: la tradizione veniva prima. Sua moglie, Violette, era sempre stata un'anima gentile e riservata, e penso che nulla abbia avuto modo di dire.
I miei nonni materni, in particolare mia nonna Fernande, più volte fece presente che magari non fosse il caso (ero ospite da lei al mio dcimo compleanno e ritardò non a caso non poco il mio rientro a casa) ma come detto, alla fine partii.

Per me cresciuto parlando e leggendo molto presto in differenti lingue, e conoscendo a volte in forma di fiabe, a volte più seriamente, molteplici argomenti... cresciuto andando a cavallo da solo ancora molto piccolo e potendomi dedicare abbastanza liberamente ai miei interessi, l'ingresso su traumatico.
Fu probabilmente l'abitudine e l'educazione all'obbedienza che mi fece sopportare l'inizio... poi come molto spesso capita, tutto diventa “normale”, ma continua a rimanermi un pessimo ricordo del periodo nella confraternita: troppo chiuso, soffocante, dogmatico.
Tale preparazione ha sicuramente la sua utilità all'interno dell'addestramento marziale con spada e pugnali che si riceve, addestramento che mi è sicuramente stato molto utile nel seguito della mia vita (anche se molto meno di quanto si potrebbe pensare)... ma è un apprendistato duro e soffocante che, come ovvio, cerca di strappare la personalità all'adepto, per sovrapporvi una “personalità cassiliana”. Fu terribile.
Mi ricordo che venni messo in punizione molto spesso, notti di veglia inginocchio o estenuanti servizi di guardi immobile in piedi.
Come ricordo che le uniche attività che vivessi come piaceri era quando mi veniva permesso di tirare con l'arco (molto disapprovato dai superiori in quanto “inutile” secondo loro) o cavalcare (meno disapprovato almeno).

Altro punto dolente, per me si intende, è stata la preparazione culturale: vissuto in una casa in questo senso molto stimolante, trovai l'attenzione a ciò nella confraternita, a parte dogmi religiosi e basi di cultura generale, miseramente carente.
Sospetto personalmente che si eviti di favorire la preparazione culturale in quanto mezzo che favorisce l'autonomia di giudizio, di pensiero e quindi una libertà che potrebbe mettere in crisi tutta la struttura pedagogica sulla quale poggia l'addestramento.

E' chiaro che non fu (per me almeno) per niente bello. Sicuramente non faceva per me, ma quando si è piccoli e poi molto giovani non si ha spesso la forza di opporsi in maniera organizzata e consapevole. Si finisce per cadere in piccole (e vuote) ribellioni per ripicca – che pagai molto spesso, senza trovare una sicurezza del proprio sentire tale da permettere di dire un semplice ma definitivo “no”.
Ci volle tempo, e ci volle l'occasione.

[… seguirà...]

Nota-1: ho una versione un po' più estesa e che evita, in buona parte, l'uso di parentesi e relative rapide note, ma mi sa che sia troppo lunga e probabilmente dispersiva; e magari è da riordinare.
Non essendo io uno scrittore, meglio un sunto.

Nota-2: questo sunto non l'ho rivisto e corretto... ergo si abbia pietà di eventuali errori o refusi.
 
Top
Sidonie de la Courcel
view post Posted on 1/12/2011, 02:48




A me piace molto scrivere oltre che leggere e trovo molto buono e interessante il tuo racconto, anche se mi farebbe piacere leggere la versione integrale. a quando la prossima puntata? :popcorn:
 
Top
Thyenne
view post Posted on 1/12/2011, 14:03




CITAZIONE (Sidonie de la Courcel @ 1/12/2011, 02:48) 
A me piace molto scrivere oltre che leggere e trovo molto buono e interessante il tuo racconto, anche se mi farebbe piacere leggere la versione integrale. a quando la prossima puntata? :popcorn:

Parole molto apprezzate. Appena ho un attimo di pace per ponderare e limare - non che venga mai come vorrei, ma deve riuscire a passare un minimo di accettabilità.

CITAZIONE (lord_mavros @ 29/11/2011, 22:47) 
Però vogliamo l'albero genealogico, altrimenti si rischia di perdersi! :)
Spero che presto vorrai raccontarci anche il seguito, perché hai lasciato la Confraternita Cassiliana e la tua vita... "da Sharizai":whip:

Per l'albero genealogico mi sono attrezzato trovando un programmino gratuito... tempo di trasferire il misto di mia inventiva e tutti i dati estrapolati dai romanzi... e crearne un'immagine postabile.
Nel caso peggiore torno alla vecchia maniera: penna, carta e calamaio... ma vista la mia grafia molto minuta, me lo sconsiglio da solo.


 
Top
Thyenne
view post Posted on 2/12/2011, 16:36




- - -

Era una frizzante mattina di metà inverno, quelle giornate limpide come un diamante, luccicanti di brina e coronate da un cielo azzurro ghiaccio; indubbiamente fredde, ma quel freddo immoto e asciutto che è stimolante senza insinuarsi dolorosamente nel corpo.
Dopo cinque anni di addestramento sempre all'interno del comprensorio della sede della Confraternita, gli iniziati hanno occasione di essere trasferiti e agire, inizialmente molto brevemente, ma con il passare degli anni sempre di più, insieme ad altri confratelli impegnati in missioni di vario genere.
Per me erano passati giusto otto anni e mezzo dal mio inizio dell'addestramento, e qualche occasione di uscire mi era capitata.
Quasi sempre comunque le uscite, specie le prime, tengono lontani gli iniziati da grandi centri: presumo che sia uno dei molteplici modi per mettere la massima distanza dalle tentazioni... aggiungerei giustamente: noi siamo angeline, “Ama a tuo piacimento” è quanto ci viene insegnato e quanto respiriamo sin dalla più tenera età. Le tentazioni potrebbero non mancare, in particolare nei centri più grandi.

I cassiliani, secondo alcuni, e in parte anche secondo me, violano questo precetto, ma la risposta è sempre molto semplice: nessuno obbliga (in teoria) nessuno a diventare un cassiliano... e di conseguenza la periodicamente sussurrata accusa di eresia (mai pubblicamente, si intenda) è messa in silenzio dalla frase: “un adepto di Cassiel ama a proprio piacimento servendo e proteggendo”. Pochi hanno puntato il dito contro il fatto che il Beato Elua ha detto “Ama a tuo piacimento” non “decidi di amare a tuo piacimento oggi, e rimani a quell'amore fedele per la vita”, frase che maggiormente si avvicina a destino di un cassiliano; alla fine comunque, poco cambia: non è un caso che per quanto nel corso dei secoli qualche Prefetto della Confraternita abbia chiesto alla Corona di legiferare contro i confratelli che abbandonino l'ordine, o di almeno di avere garantiti poteri legali per punirli, questo non sia mai avvenuto: una legge in questo senso sarebbe stata eresia... l'unica punizione che possa colpire un cassiliano che abbandoni definitivamente senza ritorno (e quindi senza offrirsi alla punizione interna che lo attenderebbe) è una semplice scomunica – che ha valore solo internamente alla confraternita stessa.

Al tempo non ero ancora arrivato a questi pensieri, anche se vivevo, respiravo un'insofferenza alla vuota disciplina della confraternita da qualche anno. Pagavo qualche mia intemperanza secondo le regole dell'ordine e vivevo nell'attesa di poter avere del tempo per quanto mi piacesse, lettura e tiro con l'arco in primo luogo. Ma specialmente per le terribilmente rare, per questo preziose, uscite in missione accompagnando qualche confratello.

Quel giorno appunto eravamo appena partiti per un breve viaggio – ma per i nostri standard estremamente lungo – che mi avrebbe tenuto fuori da quelle grigie mura per ben due giorni. Ripensandoci, fu una delle mattine più belle del mio apprendistato da cassiliano e fu seme del futuro completo cambiamento della mia vita.
Cavalcavo a passo poco dietro a destra del mio maestro di quel periodo, di età imprecisabile, come capita spesso, sicuramente non giovane, ma non ancora anziano di cui ormai neanche ricordo il nome. Mi ricordo con certezza che non era neanche dei peggiori maestri: serio e pignolo come altrimenti non ci si aspetterebbe, ma con una vena di gentilezza nell'animo che lo manteneva umano; uomo di poche parole, sapevo soltanto che avremmo fatto da corrieri per una missiva urgente di Lord Rinforte, tipica missione cui prendesse parte anche un apprendista.
Eravamo partiti da circa una clessidra quando il mio cavallo, un ottimo ed intelligente baio cui mi ero affezionato da quando, l'anno prima avevo iniziato a cavalcarlo, diede segni di nervosismo. Ebbi chiaramente l'impressione che avesse sentito qualche suono che io non potessi ancora percepire e così mi fermai. Un istante dopo mi imitò anche il maestro che si limitò succintamente a guardarmi interrogativamente.
Prima ancora che gli rispondessi, udii a mia volta il suono di un cavallo al galoppo che si avvicinava provenendo alle nostre spalle: l'unico luogo abitato nei pressi era la sede dell'ordine, quindi doveva essere un confratello.
Rimanemmo in attesa in silenzio, io ormai abituato allo stile del mio insegnante.
Poco dopo comparve da dietro una svolta della strada un confratello a cavallo che si diresse rapido verso di noi.

[… segue... strano “stop”, ma ho finito il tempo a disposizione, poco, oggi]
 
Top
Sidonie de la Courcel
view post Posted on 4/12/2011, 01:58




:neutral: è davvero una cattiveria lasciarci con questa curiosità!
 
Top
Thyenne
view post Posted on 4/12/2011, 13:46




QUOTE (Sidonie de la Courcel @ 4/12/2011, 01:58) 
:neutral: è davvero una cattiveria lasciarci con questa curiosità!

Scuola Shahrizai Docet... detto questo, lo so: ma avevo finito il tempo e sono fuori casa sino a domani: prometto che questa settimana andrò avanti un po' speditamente.

Ed anzi, ringrazio... senza un minimo stimolo penso che quello che mi viene in mente ed i miei appunti, non passando MAI il mio giudizio cadrebbero nel dimenticatoio, se va bene, nel cestino, più spesso.

A presto care e cari Dame e Signori.


 
Top
Thyenne
view post Posted on 5/12/2011, 15:45




- - -

Rallentò bruscamente ad una ventina di passi lasciando quindi il cavallo sbuffante affiancarsi a quello del mio maestro.
Il confratello lo conoscevo di vista, aveva completato l'addestramento da qualche anno, credo un paio; era figlio di un signorotto Namarrese. Notai che si fermò vicino al mio maestro parlando a bassa voce: capii che non era faccenda che dovesse riguardarmi.
Parlarono brevemente, e conoscendo il maestro non mi stupisce. Un cenno di assenso da parte sua e un guizzo della mano destra sotto il mantello. Vidi arrivare un oggetto verso di me con la coda dell'occhio e lo presi al volo. Era un sacchetto di monete.
“Charoles: questo è per le spese. Conosci la strada, consegna la missiva” ed un altro oggetto prese il volo verso me... un po' meno elegantemente lo presi avendo in mano anche il sacchetto “Non perdere tempo. E ritorna entro il tramonto di domani. Io torno indietro”.
Lo vidi guardarmi con il suo sguardo lievemente ironico e finto insofferente: “Hai capito o sei diventato sordo?” Mi canzonò... dovevo aver fatto la classica faccia da stupido, ma in tutta sincerità non mi ero aspettato minimamente la fortuna di viaggiare da solo.
Lo vidi girare il cavallo insieme al confratello che ci aveva raggiunto e procedere ad un trotto sostenuto. Sparirono dietro la prima svolta del sentiero.

Penso che rimasi immobile per un po', stringendo tra le mani la pergamena arrotolata chiusa da un nastro grigio scuro bloccato dalla ceralacca e il sacchetto di monete.
Effettivamente la strada la conosceva: nel tardo pomeriggio, un po' meno di dieci leghe da dove mi trovavo c'era una stazione di posta dove questa strada incrociava quella in direttrice nord-sud; il programma era fermarsi li a dormire e mangiare, e quindi, ripartendo prima dell'alba, arrivare a destinazione la mattina presto successiva. Prendendo la via del ritorno immediatamente sarei tornato alla “scuola” dopo il tramonto. Mi aveva detto di arrivare prima del tramonto: sarebbe bastato procedere un po' più speditamente il giorno successivo.
Respirai a pieni polmoni l'aria fredda: quell'istante assaporai il gusto della libertà. Dopo otto anni avevo pensato quasi di non ricordarlo. In quella boccata d'aria, ancora oggi, ricordo un sapore unico che mi inebriò.
Mi misi finalmente in moto poco dopo procedendo fin troppo velocemente; partii al galoppo, risentendo finalmente il vento tra i capelli, il movimento armonico dei muscoli del mio baio: sentiva la mia felicità e rispondeva ad essa con il suo piacere per la velocità.
Probabilmente una clessidra dopo rallentai, sceso di sella, portai il mio cavallo per le briglie per farlo riposare. Sicuramente avrei potuto farlo sfogare, e sfogarmi io stesso molto di più, ma il viaggio era ancora lungo, e non volevo affaticarlo eccessivamente.
Osservavo il panorama ondulato collinare in quella giornata limpidissima con stupore, lo stupore di chi riveda per la prima volta la propria terra. L'aria era tersa, ma nel mio ricordo, tutto ancora oggi luccica nitidamente: la luce non era solo intorno a me, ma anche dentro di me. Osservato ogni albero o cespuglio, lo so, sentendo il bisogno di alimentarmi di in quegli istanti, per salvaguardare quanto vedevo nella memoria per i futuri giorni, mesi ed anni di grigie mura, tra grigie uniformi.

Nel mio stato non mi resi molto conto del passare del tempo: doveva essere passato da un po' il mezzogiorno – e non mi ero fermato a mangiare il pezzo di pane e formaggio che avevo nella sacca da viaggio – che notai nel cavo tra la cresta sulla quale mi trovato e quella successiva una carrozza ferma a lato strada; era ancora lontana, ma vedevo chiaramente un uomo chinato sul cavallo che era sdraiato su n fianco.
Decisi che mi sarei fatto vedere più signorilmente a cavallo, montai e mi avvicinai ad un mezzo trotto.
A un cento-duecento passi, la scena cominciava ad essere un po' più chiara: il cavallo doveva aver messo un zoccolo in fallo e si era ferito. Il cocchiere, presumevo, era impegnato a parlare con il o i passeggeri dalla portiera. Mi avvinai ancora; solo allora il cocchiere mi notò – persona decisamente poco attenta pensai – e corse verso di me sbracciandosi.
Poco cortesemente si avvicinò tanto muovendosi e tanto urlando, che quasi si imbizzarrì il cavallo. Per fortuna, avevo iniziato a cavalcare molto piccolo; per quanto l'equitazione chiuso tra le mura della confraternita non fosse tra le attività più praticate, quanto mancava di pratica giornaliera, fu compensato dall'istinto educato nella più tenera età: evitai una pessima figura quindi.

“Messere cassiliano, è sicuramente il Beato Elua che vi ha messo sulla nostra strada!” Mi salutò.
“Come vedete il mio cavallo si è azzoppato, e non so come procedere oltre sino alla stazione di posta. Una vera disdetta! Pensare che tra pochissimo saremmo arrivati... le mie passeggere, come può immaginare siano donne di città” aggiunse strizzando l'occhio “sono poco abituate a questi inconvenienti di viaggio. Pensate di potermi aiutare in qualche modo?”
Abituato ai pochi monosillabi del mio maestro, faticai quasi a seguire il fiume di parole che mi investì. Mi ersi ancor più dritto sulla sella e prosegui verso la carrozza ferma.
Il cavallo stava evidentemente soffrendo: ad occhio una frattura scomposta all'altezza del nodello della zampa posteriore destra. Era un cavallo condannato.
Scesi dal mio baio qualche passo più in la e mi avvinai. Soffriva. Mi scese un velo di tristezza, una tristezza in quella giornata che non ho mai dimenticato. Sapevo cosa dovevo fare: lo avevo visto più di una volta. Sentivo la voce del postiglione alle mie spalle, ma non gli diedi retta; sentii solo brevemente una cinguettare di voci femminili da dietro le tendine della carrozza – ebbero un effetto strano su di me: non sentivo quegli acuti da veramente tanti anni, anni nei quali ero indubbiamente cambiato, passando dall'infanzia all'adolescenza sino alla maggiore età.
La maggior parte dei giovani della mia nascita, sentii raccontare più volte da altri giovani aspiranti confratelli, a sedici anni passano la prima notte con una partner e presto iniziano il gioco del corteggiamento. Sentivo da tempo che mi mancava qualcosa, che qualcosa non era al proprio giusto posto per me, ma non sapevo ancora, allora, cosa fosse. In un breve istante so che dentro di me una parte sopita si mosse; ma in quel preciso momento ancora non lo sapevo.

Accarezzai la testa umida di sudore del cavallo; non era certo un destriero, ma non era certo male. Soffriva. Sussurrai dolcemente suoni senza senso al suo orecchio, sempre accarezzandolo. Non si agitò: ho sempre avuto un ottimo rapporto con i cavalli.
Mi pianse il cuore, mentre fluidamente piantai il pugnale sino alla guardia nella sua gola. Il sangue zampillò mentre vidi i suoi occhi spalancarsi e se zampe agitarsi qualche attimo prima di fermarsi.
Ebbi il misero piacere, almeno, di sentire il postiglione tacere qualche momento inorridito, mentre mi alzavo rigidamente con la mano sporca di sangue. Il momento di pace durò poco.
Fui investito da un fiume di parole ed improperi.
“Come vi siete permesso!? Siete un criminale! Io scriverò al Prefetto! Vi farò cacciare, arrestare, mi ridarete ogni singolo ducato che mi avete portato via con il vostro sconsiderato gesto...” andò avanti per un bel po'. Io lo ignoravo mentre lentamente liberavo il cavallo dalle briglie.
Quando finalmente smise di urlare, mi presi la briga di rispondergli: “buon uomo, il vostro cavallo, e lo sapete anche voi, era condannato: avrebbe solo sofferto. Ho fatto quanto era giusto fare, e lo sapete, ripeto, anche voi”. Lo guardavo negli occhi. Lui ricambiò lo sguardo per qualche istante, poi lo abbassò rilassando le spalle: “si, avete ragione messere... ma io così sono rovinato”.
Per lui effettivamente doveva essere un danno non da poco, perdere cavallo e probabilmente anche quanto le sue passeggere avrebbero pagato il viaggio.
Stavo per rispondergli ma alzando gli occhi sopra di lui, vidi una delle passeggere in piedi sulla predella della carrozza.
Non vidi molto oltre i suoi occhi, luminosi e marroni. I capelli erano scuri, quasi neri ma con riflessi mogano, ondulati. Il colorito ambrato della pelle sulla fronte. Una sciarpa rossa, di lana, le copriva il volto fin sotto gli occhi mentre il resto del corpo era avvolto in una pelliccia scura lunga sino ai piedi. Doveva essere snella, la pelliccia aveva una sciancratura molto accentuata, e molto alta per essere una donna: la predella era neanche mezzo palmo da terra, e lei in piedi su di essa era alta circa quanto me. Vidi i suoi occhi sgranarsi e luccicare nocciola, un misto di paura, disgusto, ma anche, curiosità mentre scorrevano sulla mia persona, la mia casacca grigio cenere, il pugnale ancora in mano sporco di sangue come il mio guanto sino a metà dell'avambraccio. La sua mano guantata, una mano piccola e sottile avvolta in guanto di pelle di daino beige salì alla bocca. Un lungo istante di immobilità, un'altra voce femminile da dentro la carrozza che ci riporta nella realtà.


[Nota: ho sperimentato una scrittura di getto... diciamo una simulazione. “So cosa sia successo” sto simulando una memoria e scrivendo come (magari!) scriverei veramente se fossero miei ricordi. Tradotto, per ora, non l'ho neanche riletto. Qualsiasi commento (specialmente critiche) sarà molto apprezzato]
 
Top
lord_mavros
view post Posted on 14/12/2011, 23:04




Direi che in realtà la tua "simulazione di memoria" per certi versi può essere più verosimile di quella della Carey, che a tratti sembra un pochino più distaccata di quanto ci si aspetterebbe da una narrazione in prima persona. Soprattutto, non so se lo avete letto, in "You and you alone" che mi è piaciuto moltissimo, ma in cui effettivamente
il flusso di coscienza di Delaunay è un tantino troppo lucido per uno che sta per morire
. Certo, ora ci lasci con la curiosità in sospeso di sapere con quali arti persuasive la passeggera dai capelli di mogano abbia fatto vacillare la tua vocazione, e soprattutto se è stato soltanto merito suo o se le sue compagne di viaggio hanno collaborato assieme.... :smile:
 
Top
Sidonie de la Courcel
view post Posted on 20/12/2011, 00:58




Monsieur Thyenne tende a lasciarci troppo spesso con curiosità in sopseso ... Comunque mi trovo d'accordo con lord Maavros, ci si apetterebbe un tantino di partecipazione in più da un ex cassiliano, specialmente quando inizia a ricordare l'inizio della fine, come si suol dire. Comunque credo sia difficile eguagliare la nostra beneamina! Attendo con ansia di sapere come finirà per il bel cassiliano.
 
Top
Thyenne
view post Posted on 28/12/2011, 11:03




Thyenne è ritirato con la sua bella amata in altri lidi...
Ossequi a tutti voi.
 
Top
11 replies since 22/11/2011, 15:16   197 views
  Share